domenica 29 novembre 2009

Lettera aperta ad Anna Zafesova

Domenica 29 novembre 2009, a proposito dell'attentato fascista ad un treno in Russia, Anna Zafesova ha scritto un articolo su "la Stampa" di Torino dal titolo Mosca-Pietroburgo erano due le bombe sotto il treno dei vip.

Cara Anna, io lo so che i titoli li fanno in redazione senza interpellare gli autori. Però dovresti come minimo sfanculeggiarli! Tu parli di "lussuoso treno che unisce le due capitali russe in sole quattro ore e mezza ed è molto usato da politici e top manager". Ecco che per questi imbecilli diventa il treno dei VIP.

In business il Nevskij (650 km) costa 85 €, in economica 40. Un Milano-Roma con Frecciarossa (632 km) in 1° costa 109 €, in 2° 89.

E se fosse un problema di reddito medio russo, non si capisce perché i posti sono tutti prenotati in entrambe le classi, da qui a fine gennaio, tutto esaurito.

Non ti fare accomunare coi pennivendoli italiani che scrivono da qui, non lo meriti.

sabato 28 novembre 2009

Treno Mosca-San Pietroburgo: terrorismo?


Pare che il treno Mosca-San Pietroburgo sia stato fatto saltare dai terroristi. Tra i passeggeri c'è un italiano non si sa se salvo, ferito, morto o disperso, carrozza N°11, I.Sbalzarini, passaporto N°ЗЗ F 2672968. Io però, scorrendo l'elenco ho trovato anche un altro nominativo che, a giudicare dall'assenza di patronimico e dal numero di passaporto, potrebbe essere italiano: A.Noacco, carrozza N°1, passaporto N°ЗЗ Y 404382, ricoverato all'ospedale Valdaj di Novgorod. Parlando con altri italiani qui a Mosca, ho avuto conferma che si tratta di Armando Noacco, mobiliere. Sembra che abbia solo un femore rotto.e il bacino incrinato. Sbalzarini pare che sia svizzero. C'è un altro nome "sospetto": Minina D., pass.N°ЗЗ A X353818. Negli elenchi dell'AIRE c'è una Minina, ma l'iniziale del nome non corrisponde. Chiunque disponga di informazioni in tempo reale, è pregato di comunicarlo qui.

mercoledì 11 novembre 2009

Decoder e razzismo di Stato

Ecco cosa si vede sullo schermo durante i programmi criptati per l'estero di Canale 5:


Ho chiesto lumi scrivendo a quelli di Tivusat, dicendo loro:

Noi italiani all’estero, possessori di parabola, cosa dovremmo fare per continuare a vedere i canali televisivi gratuiti italiani, tornare in Patria a nostre spese per acquistare il Vostro decoder?! Iscritti all’AIRE, siamo tre milioni e mezzo nel mondo...

Ed ecco cosa mi hanno risposto:

In merito alla sua richiesta le comunichiamo che i decoder Tivusat sono in vendita esclusivamente in Italia; La tessera va attivata al numero unico 199.309.409 o via web all'indirizzo www.tivu.tv in nome e per conto di persone domiciliate in Italia.

In pratica, noi emigranti dovremmo tornare a nostre spese in Italia e comprare un decoder per poter vedere i canali TV gratuiti italiani, sia RAI che Mediaset e La 7. Ecco perché vi invito a firmare la petizione contro il criptaggio sul sito Firmiamo.it ed anche in Facebook.

Dateci una mano, in nome di quella parola obsoleta che è la "solidarietà"...

Sul medesimo argomento, vedasi Socialismo digitale.

martedì 20 ottobre 2009

Geopolitica, chi si schiera?

E’ almeno dall’inizio di questo Millennio che, puntualmente, i giornali “illuminati” (sedicenti tali, ma tanto nessuno osa metterlo in dubbio), quali ritengono e sono considerati “a sinistra” il Corriere della Sera, La Stampa, l’Unità e soprattutto la Repubblica, ci forniscono presunte prove provate circa la totale amicizia tra Putin e Berlusconi. Dopo lo scandalo delle escort a Palazzo Grazioli, si martella particolarmente col cosiddetto “lettone di Putin”, che quest’ultimo avrebbe regalato a Berlusconi.

L’ultima notizia, in ordine di tempo, ci presenta un Berlusconi (e perciò un’Italia) troppo dipendente da Putin (e perciò dalla Russia), quindi troppo favorevole al South Stream contro il Nabucco, nota emanazione portatrice sana di democrazia, sponsorizzata dagli USA e dalla NATO (e perciò dall’Unione Europea, dove Berlusconi è malvisto).

Almeno dall’estate scorsa, si parla molto di Murdoch contro Berlusconi. Si vocifera anche di Obama contro Berlusconi. Per il centro, il centrosinistra e la sinistra, il sillogismo è immediato: compagno Murdoch, compagno Obama.

Putin non è uso regalare letti a chicchessia. Viceversa, durante il G8, è il Paese ospitante a dover provvedere al vitto e all’alloggio dei capi di Stato che giungono alla riunione in questione. Il letto tanto citato è quello dove Putin ha dormito. A meno che, per evitare di dare materiale in pasto ai vari pennivendoli coprofaghi (mi si perdoni la crudezza, ma davvero non trovo sintesi migliore), non si pretenda che avesse dovuto dormire sulle mattonelle.

Il South Stream nasce dalla firma di un accordo tra l’ENI e la Gazprom alla fine del 2006. Prevede, una volta giunto il gas russo in Bulgaria attraverso il Mar Nero, lo sdoppiamento del gasdotto in due tronconi. Il primo segue la direttrice Serbia, Ungheria ed Austria; il secondo, attraverso la Grecia, giunge direttamente in Italia (Otranto e Brindisi).

Il Nabucco, nato nel 2002, che non prevede la fornitura di gas russo, prevede invece che il gas azero, attraverso la Georgia (altro Stato particolarmente nelle grazie degli USA, dove l’autostrada dall’aeroporto a Tbilisi è intitolata a George Bush jr.) e la Turchia, arrivi in Europa attraverso Bulgaria, Romania, Ungheria, Austria, Repubblica Ceca e Germania, e da lì all’Italia.

Ogni Paese di transito riceve le proprie royalties, facendo lievitare il prezzo del gas ad ogni passaggio. Risulta piuttosto evidente e lampante cosa convenga di più all’Italia.

E’ notizia di questi giorni che il canale televisivo statunitense Fox, appartenente a Rupert Murdoch, sia impegnato in una campagna martellante contro Obama e in favore dei repubblicani. In Italia, la notizia è passata – inspiegabilmente – in sordina. Inspiegabilmente? Mi correggo: la spiegazione è fin troppo ovvia, visto che, in Italia, Murdoch, col suo canale pay tv Sky, viene presentato come paladino della lotta antiberlusconiana per la libertà di informazione.

In politica, si sa, o si dovrebbe sapere, nulla è semplice e semplificabile. Dunque, Murdoch è buono o cattivo? A Repubblica l’ardua sentenza.

Povera Repubblica, filo yankee: se è per Obama, allora è contro Murdoch; e se è contro Berlusconi, allora è per Murdoch. Siamo alla schizofrenia, che coinvolge tutto il gruppo Telecom-Espresso di De Benedetti (e quindi Espresso, Repubblica, La 7, Kataweb, Radio Deejay, Radio Capital, All Music TV, Alto Adige, Corriere delle Alpi, le Gazzette di Mantova, Modena, Reggio, il Centro, il Mattino di Padova, il Piccolo, il Tirreno, la Città di Salerno, le Nuove Ferrara, Sardegna, Venezia, la Provincia Pavese, la Sentinella del Canavese, la Tribuna di Treviso, il Messaggero Veneto, il Trentino e una miriade di altri giornali e TV locali).

E la sinistra italiana? Perché segue Repubblica?

giovedì 8 ottobre 2009

De visa facilitate

Ci è stato segnalato che tra gli italiani in Russia stia girando un appello non firmato rivolto a questi ultimi. Lo pubblichiamo volentieri, solo come materiale di riflessione, evitando accuratamente di dare giudizi in merito. Essendovi chiamato in causa il Presidente del GIM-Unimpresa, Vittorio Torrembini, abbiamo ritenuto doveroso e professionale chiedere una sua opinione in merito, prima della pubblicazione. Dunque, ecco il testo in questione e, di seguito, la replica di Torrembini.

Nel 2006, Franco Frattini nel ruolo di vicepresidente della Commissione Europea, si rivolse ai russi dicendo loro: “Voi dovete snellirvi, modernizzarvi, scrollarvi di dosso la polvere, dare un taglio al retaggio dell’apparato sovietico! Prendete ad esempio l’Europa, una macchia snella ed efficiente!”, tutte parole pronunciate senza assolutamente sapere che il sistema per ottenere i visti d’ingresso per la Russia era estremamente più efficiente e snello rispetto a quello adottato dall’Unione Europea.

A questo punto, i russi risposero: “Va bene! Visto che voi siete così avanti, diteci cosa dobbiamo fare! Facciamo un accordo bilaterale in modo da snellire e facilitare i visti d’ingresso! Preparate voi il testo, e noi lo firmiamo così com’è, andiamo sulla fiducia, dopotutto siete voi i rimodernatori, no?”.

Frattini, chiaramente, fece tutto ciò in buona fede, imbeccando i russi in un accordo che a lui stesso fu imbeccato dagli unici che teoricamente potevano aver competenza ed esperienza nel settore, perché la problematica dei visti pesava sulla propria pelle: parliamo degli imprenditori delle grosse aziende italiane, quelle aziende che muovono milioni di euro ma che purtroppo vedono ai propri vertici dei benemeriti pellegrini giunti in Russia comportandosi esattamente come il classico “italico” che viaggia con in valigia il formaggio grana, la bottiglia di vino e i collant da omaggiare alle ragazze, e per di più, in ogni occasione buona, ne approfitta per manifestare il proprio disappunto sull’apparato burocratico russo, senza tuttavia avere nessuna cognizione in materia, trattandosi questi di puri atti di superbia.

Approvato l’accordo dal nome ironico “sulla facilitazione dei visti”, che di fatto ha inguaiato la quasi totalità degli italiani, che fino ad allora vivevano in Russia tranquillamente e legalmente, con visti e registrazioni annuali valevoli 365 giorni, ecco che coloro che hanno combinato il patatrac (le associazioni di “pellegrini” con il formaggio grana in valigia) cercano ora di porvi rimedio tentando di mettersi in salvo da un lato e dall’altro cercando pure di salvarsi la faccia, asserendo spudoratamente che l’accordo sulla facilitazione dei visti da loro imbeccato ai russi, andava fatto perché migliora sostanzialmente le cose rispetto a prima! Emblematica a tal proposito è la lettera inviata al presidente della federazione russa da parte del GIM-Unimpresa, nella quale si presentano con il cappello in mano, prostrandosi e supplicando un trattamento migliore e quote immigratorie divise per nazionalità: ma quando hanno proposto un differente regime dei visti non hanno pensato alle conseguenze? Poi, a dire il vero, per i dipendenti italiani del quadro direttivo e gli addetti nei quadri tecnici, indipendentemente dall’adozione del nuovo regime dei visti, non cambia assolutamente nulla, dato che loro anche prima, volendo fare le cose in regola, dovevano sottoporsi a tutta la parte burocratica volta a regolare la propria permanenza in Russia in qualità di lavoratori, semmai il nuovo regime dei visti va ad infierire sugli altri poveri connazionali con situazioni differenti e che ora non hanno più modo di permanere in Russia in maniera continuativa: parliamo anche di categorie importanti, come possono essere per esempio i proprietari di aziende, i titolari di negozi, i proprietari terrieri e chiunque in Russia comunque abbia rendite dichiarate e regolari provenienti dai propri possedimenti pur non lavorando in nessun modo sia nei quadri dirigenti o in altre mansioni (avere rendite in Russia non da titolo nemmeno ai fini d’ottenere un visto turistico). In poche parole, il benestante investitore che gira con la camicia di seta e che fino al 2006 poteva permanere in Russia sulla base di visti per affari, in Russia non può più risiedervi perentoriamente, se non con soluzioni fittizie, come potrebbe essere quella di farsi passare per un lavoratore, soluzione che comunque non è adottabile per chi intende agire onestamente, senza quindi passare per l’agenzia con le mani in pasta sempre pronta a fare carte false pur di raggiungere lo scopo. I dirigenti delle aziende, imbeccando i russi sulle direttive in materia dei visti, non solo non hanno ottenuto alcun beneficio, ma hanno anche inguaiato i proprietari delle aziende e investitori che fino a prima erano legittimati a risiedere in Russia con visti per affari, un visto che veniva concesso illimitatamente a tutti coloro che intendevano valutare opportunità ed eventuali investimenti senza svolgere un lavoro: Combinato il patatrac, i signori “pellegrini” ora cercano di salvarsi la pellaccia senza pensare agli altri e non ammettendo assolutamente d’aver inguaiato non solo i connazionali, ma anche gli altri cittadini dell’Unione Europea, che stanno sulla stessa barca, ma il negare spudoratamente ciò che hanno combinato, non eviterà loro di salvarsi da linciaggio morale! Per colpa di questi signori, tra i cittadini dell’Unione Europea ora si contano innumerevoli soggetti costretti ad abbandonare il Paese, pur avendo vissuto in Russia per anni regolarmente, senza che quindi fosse mai contestata loro alcuna infrazione, e i responsabili di tutto ciò si nascondono camuffando le cose, asserendo quindi che la situazione di prima non era affatto regolare! Che pena, vedere ora questi “pellegrini” prostrarsi per chiedere cose che a loro non verranno mai concesse perché in primis la Russia non può concedere quote migratorie suddivise per nazionalità in quanto il paragrafo 2 dell’articolo 19 della Costituzione russa sancisce l’uguaglianza della persona anche per nazionalità, il che significa che tutti gli stranieri debbono per forza di cose finire in un unico “calderone”, dentro il quale tutti sono trattati allo stesso modo, un “calderone” nel quale la cittadinanza non c’entra nulla al fine di rientrare nelle quote, ma a spuntarla sarà il singolo individuo che ha più diritto degli altri sulla base dei criteri adottati, la creazione di più calderoni divisi per nazionalità come invece vorrebbero i signori “pellegrini” che stanno tentando di mettersi in salvo a pasticcio fatto, benché sarebbe una soluzione che metterebbe italiani e russi in condizioni di reciprocità, è semplicemente non adottabile dal punto di vista costituzionale. La lobby delle multinazionali italiane in Russia che si sono permesse di suggerire ai russi provvedimenti inopportuni in materia dei visti, è di fatto formata da impiegati nelle alte sfere direttive in trasferta estera, in pratica parliamo di lavoratori, e in qualità di salariati avrebbero fatto bene a non impicciarsi affatto in questioni che non riguardano loro, dato che la materia de visti annuali per affari e commercio, interessa gli investitori che non lavorano. Il fatto che la quasi totalità di questi lavoratori, per regolare la propria permanenza in Russia, abbia utilizzato l’escamotage dei visti annuali anziché regolare la propria posizione in qualità di salariati, non dovrebbe dare ora loro il diritto d’asserire impudentemente (per salvarsi la faccia), che la situazione dei visti annuali senza il limite dei 90 giorni su 180, non era “regolare”: se non lo era, non lo era per loro, che, in qualità di lavoratori, già allora avrebbero dovuto inquadrarsi diversamente, quindi sottostando alle quote, alle visite sanitarie e a tutto il resto!

Non per ultimo, occorre precisare che una volta che gli investitori italiani hanno aperto le loro aziende e le loro filiali, ai russi fa maggiormente comodo che nei quadri direttivi e tecnici venga messo del personale russo, anziché “pellegrini” in giacca e cravatta che nel XXI secolo se ne girano ancora con i collant e i profumini da omaggiare alle ragazze.

Per concludere, ogni qualvolta che i russi hanno cambiato qualche cosa su suggerimento dei signori della UE, le cose anziché migliorare sono sempre peggiorate catastroficamente; la nostra paura è che anche questa volta sarà così, o che comunque la lobby dei dirigenti delle grosse imprese, tenterà di mettere in salvo esclusivamente se stessa, infischiandosene di tutti gli altri, che sono stati rovinati per colpa loro e che tuttora sperano utopicamente che le cose ritornino a come erano prima degli accordi del 2006, quando si poteva ottenere un visto annuale d’urgenza in meno di mezz’ora e soprattutto con validità non limitata a 90 giorni su 180.

Ed ecco la risposta del Presidente di GIM-Unimpresa, Vittorio Torrembini:

Io non credo di rappresentare la categoria dei furbetti con i jeans e le calze collant nella valigia. Mi pare sia una categoria già scomparsa da molti anni, ma che evidentemente chi ha scritto questo documento conosce bene.

Consiglierei a quest’ultimo di leggersi bene le norme che regolano la materia, in quanto la nuova normativa sullo stato giuridico degli stranieri in Russia non è il frutto di un accordo con l’Unione Europea (vedasi visite del Commissario Frattini a Mosca), bensì di una serie di nuove leggi, adottate dal Parlamento russo, tese a mettere sotto controllo l’immigrazione clandestina.

La legislazione di cui sopra è addirittura più restrittiva di quella Schengen, ma non raggiunge gli eccessi di quella recentemente adottata in Italia.

Un cittadino non comunitario non può soggiornare in territorio Schengen più di 180 giorni all’anno, per poter prolungare il proprio soggiorno deve disporre di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro (sia subordinato che autonomo), di studio, di riunificazione familiare, e in pochi altri e molto ben ristretti casi. Nel caso di lavoratori sia autonomi che subordinati, il cittadino russo viene considerato extra quota. Occorre inoltre aggiungere che il rilascio dei permessi di soggiorno nei Paesi Schengen avviene per periodi anche superiori ai tre anni.

La Russia ha adottato da ormai quattro anni una normativa molto simile a quella europea (secondo il principio della reciprocità), che però esclude permessi di lavoro poliennali e che ingloba chiunque nelle quote.

L’Associazione che rappresento ha chiesto semplicemente di adeguare le normative russe a quelle europee. Vorrei inoltre chiarire all’autore che le aziende rappresentate nel GIM-Unimpresa sono soprattutto piccole e medie, e rappresentano circa l’85% dell’interscambio tra Italia e Russia.

Attendiamo fiduciosi i commenti degli altri italiani di Russia…

Progetto Pinocchio 2009-2010

Riceviamo e volentieri pubblichiamo:

Anche quest’anno intendiamo dare avvio ad una nuova edizione del “progetto Pinocchio”, che l’anno scorso ha visto la partecipazione di un buon numero di partecipanti, con soddisfazione sia dei discenti, sia dei loro genitori e del corpo insegnante.

Per chi non ne fosse a conoscenza, si tratta di una serie di incontri volti a incrementare le competenze di lingua italiana in bambini che già hanno una padronanza almeno a livello elementare della lingua, mediante attività prevalentemente ludiche.

Nel formulare la proposta per il 2009-2010, si sono volute tenere in massima considerazione le indicazioni espresse dai genitori, ricevute mediante apposito formulario di valutazione, distribuito alla fine dello scorso anno e che sono state riassunte nelle istruzioni allegate.

Ricordiamo che è imminente l’approvazione del finanziamento parziale del progetto da parte del MAE – Progetto Pria, che coprirà i costi per i docenti.

In virtù della cadenza non più quindicinale, ma settimanale degli incontri e quindi del loro elevato numero (oltre 20) si stima che la quota per l’anno 2009-2010 (quindi la quota-parte dei costi a carico dei genitori) potrà variare dai 250 ai 400 € a discente. Saremo in grado di comunicare la cifra definitiva solo dopo aver ricevuto conferme definitive da parte di tutti gli interessati.

Vi preghiamo di prenderne visione e, qualora foste interessati alla partecipazione, vi chiediamo di esprimere una manifestazione di interesse anche solo preliminare compilando il modulo allegato ed inviandolo preferibilmente entro il 12/10/2009, tassativamente entro il 16/10/2009: questo ci aiuterà a costituire un primo elenco di interessati a cui verranno al più presto comunicate le condizioni definitive.

La data definitiva di inizio degli incontri verrà comunicata in seguito unitamente all’invio del modulo di adesione, ma si prevede entro ottobre 2009.

Quest’anno i coordinatori del progetto per la parte genitori saranno:

  1. Lorenzo Pastore
  2. Marco Tagliaferri

Poiché riteniamo che il nostro elenco possa non comprendere nominativi potenzialmente interessati all’iniziativa, preghiamo tutti coloro che hanno ricevuto la presente comunicazione di darne la massima diffusione a coloro che ritengano interessati all’iniziativa e i cui figli rispondano ai requisiti minimi richiesti.

A.Metodologia

Il laboratorio di lingua italiana, data la specificità degli utenti, è stato progettato come una serie di incontri (“sessioni”) a cadenza settimanale in cui i bimbi, in un contesto italiano, siano protagonisti di attività educative/ricreative che ne sviluppino e consolidino la conoscenza della lingua e della cultura italiana alla presenza di educatori di madrelingua italiana.

Gli utenti sono bimbi tra i 3 e gli 11 anni, con conoscenza di base della lingua. Per scelta metodologica i bimbi vengono divisi orientativamente in 2 gruppi in funzione dell’età e della padronanza della lingua (orientativamente dai 3 ai 6 anni e dai 7 agli 11 anni).

Il laboratorio si baserà su un approccio ludico, con giochi di gruppo che stimolino i bambini e ne consolidino le conoscenze linguistiche e relazionali in lingua italiana; per i bimbi che già vantano una buona padronanza della lingua si cercherà, ove possibile, di svilupparne la capacità di scrittura e lettura, sempre nell’ambito dei giochi di gruppo.

Trattandosi di un “progetto-pilota” la metodologia avrà una certa flessibilità e la priorità sarà di garantire ai piccoli un clima di piacevole svago con una valenza formativa.

B.Organizzazione

Le sessioni, di 2 ore ciascuna, si tengono il sabato mattina, coordinate da 3 educatori italiani secondo un calendario che verrà confermato in seguito, in una fascia oraria compresa tra le 11:30 e le 13:30, presso la Scuola Italiana “Italo Calvino”, sita in Leninskij prospekt 78A - metro Universitet – tel +7 (499) 1318765 - al 2 piano.

Ogni sessione sarà divisa in due parti (“moduli”) di 55 minuti con un intervallo di 10 minuti in cui bevande e snacks saranno offerti dalla Scuola.

Alcune raccomandazioni di carattere generale, che desidereremmo fossero seguite anche nel corso della presente edizione:

B1.In aula non saranno di regola ammessi i genitori (per i quali sarà messo a disposizione un locale apposito);

B2.I bimbi devono venire muniti di scarpe apposite e preferibilmente abbigliamento di ricambio (che non si può lasciare a scuola);

B3.Tutti i materiali didattici (quaderni, ecc.) saranno forniti dalla scuola;

B4.All’interno dei locali scolastici i bimbi saranno assicurati contro gli infortuni;

C.Pagamento

C1.Il progetto gode del supporto del MAE – Progetto Pria, che coprirà parte dei costi per i docenti.

C2.Nel caso in cui somma delle quote di adesione ecceda i costi effettivi del laboratorio, il residuo sarà accantonato in un “fondo-cassa” per eventuali spese impreviste e/o organizzazione di altre attività (gite/escursioni) per i bambini, fatto ovviamente salvo l’obbligo di rendicontazione a tutti i genitori aderenti;

C3.Per quanto ammesso, il supporto organizzativo e/o didattico fornito dai genitori non costituisce un contributo sostitutivo della quota di adesione;

C4.L’adesione si intende per tutti il ciclo di sessioni e si considera confermata dopo il pagamento anticipato dell’intera quota, senza possibilità di rimborso in caso di defezione (a meno di disponibilità come da punto sub4 e decisione favorevole degli altri genitori).

C5.Non si escludono eventuali successive adesioni, per le quali si determinerà un contributo “pro-quota” che confluirà nel “fondo-cassa” di cui al punto 4.

C6.Nel caso in cui – per motivi indipendenti dalla volontà degli organizzatori – si debba limitare il numero degli utenti, sarà data priorità a coloro che hanno aderito per primi.

sabato 22 agosto 2009

Si fa per dire?

Sul venerdì di Repubblica del 21 agosto 2009, leggo un ennesimo stravolgimento della realtà, perpetrato con accanimento, incessantemente, consapevolmente. Per spiegare a cosa io mi riferisca, chiedo scusa a Piero Ottone se prendo a prestito il suo incipit dall’articolo nella medesima pubblicazione, ma su tutt’altro argomento:

Direte che mi ripeto, e avete ragione. Ma si ripetono anche gli eventi dei quali scrivo, e che vorrei che non si ripetessero.

Ebbene, nella sezione Esteri tale Alessandro Carlini racconta il restyling dell’Aeroflot. Hostess avvenenti, gonne accorciate e rinnovo, “si fa per dire” (parole sue) della flotta.

Sulle tratte europee internazionali non si ricorda aereo dell’Aeroflot che sia mai caduto, cosa che non si può dire dell’Alitalia (ricordate l’aereo caduto sulle Alpi al confine con la Svizzera?), ma è un vecchio discorso: se cade un aereo di Air France, cade un aereo della Air France, non della McDonnell Douglas statunitense. Se invece cade un Tupolev degli anni ’70 in Africa, mai revisionato da, che so io, Air Uganda, allora è caduto un aereo russo.

Come che sia, l’Aeroflot dispone di 104 aerei (l’Alitalia di 155, compresi i 57 di Air One, in un Paese grande un cinquantaseiesimo della Russia, a proposito di sprechi), di cui 11 Boeing 767 (l’Alitalia 6), 26 Tupolev 154, 6 Il'jušin 96, 15 A319 (l’Alitalia 12), 31 A320 (l’Alitalia 44), 10 A321 (l’Alitalia 23) e 3 A330 (l’Alitalia 2). Inoltre, l’Alitalia annovera 1 Avro RJ70, che non si producono dal 2003 (ne sono caduti 13), 6 Embraer 170 (72 posti, 850 km/h, analogo del Bombardier e del Super Jet Suchoj-Alenia, vedi sotto), 10 Bombardier CRJ900 (90 posti, 850 km/h), 18 Boeing 737 (ne sono caduti 147, infatti il Business Week lo ha dichiarato l’aereo più pericoloso del mondo) e 10 Boeing 777, 11 MD 80 e 12 MD 82, che non si producono dal 1999, essendone caduti 25 (e qui, al posto degli italiani, mi toccherei nelle parti basse: il Boeing 737 è il suo degno erede). Nel 2009 l’Aeroflot riceverà complessivamente 18 A320 e 6 A330. Dal 2016 (probabilmente il pennivendolo di Repubblica si riferiva a questo), l’Aeroflot riceverà 22 A350 e 22 Boeing 787. A breve dovrebbero arrivare anche 30 SSJ-100, alla cui costruzione ha partecipato anche la Finmeccanica e la Alenia, che evidentemente il pennivendolo ritiene dei fessi. Tanto fessi che è stata confermata documentalmente l’intenzione di acquistarne ulteriori 20.

ModelloAeroflotAlitaliaInizioFine
Avro RJ1700119782003
Embraer 170062002-
Bombardier CRJ9000101991-
Tupolev 15426019682007
Il'jušin 96601993-
MD 8002319801999
Boeing 7370181968-
Boeing 7671161982-
Boeing 7770101995-
Airbus A32056791987-
Airbus A330321992-

Sulla medesima pagina, a conferma (di cosa?), ci informano – questa è grossa, infatti non è firmato – che il 24 agosto è la festa dell’indipendenza dell’Ucraina e della Moldavia dalla… Russia. Stiamo parlando del 1991, appena 18 anni fa, e invece confidano già nella memoria corta degli italiani. Fu quello scellerato di El’cin, fin dalla fine del 1990, a spingere per la secessione della Russia dall’Unione Sovietica, creando non poco imbarazzo alle rimanenti 14 repubbliche, che rischiavano di diventare tante piccole enclave. Nell’agosto 1991 ci fu il tentativo di colpo di Stato, a seguito del quale il 26 dicembre l’URSS cessò di esistere. Il 1° dicembre, 25 giorni prima (non il 24 agosto, quando lo decise il Parlamento), in Ucraina si svolse un referendum per la secessione, cosa peraltro prevista dalla Costituzione sovietica (articolo 72). In quel periodo, seguirono l’esempio della Russia un po’ tutte.

Repetita juvant: secessione dall’URSS, non dalla Federazione Russa, che era solo una delle quindici, anche se la più grande. Il giorno che Bossi attuasse i suoi piani criminali, andrebbe via dall’Italia, non dal Lazio, con buona pace di “Roma ladrona”.

venerdì 21 agosto 2009

Ucrainizzazione

Trovandomi in ferie a Pescara, mi sono imbattuto casualmente nell’orario dei voli dell’aeroporto abruzzese. Ho scoperto così che le uniche due destinazioni europee extra-UE sono Kiev e Leopoli.

Breve digressione. Insisto nella corretta dizione italiana di queste due città, non Kiyv e L’viv, esattamente come, in italiano, si dice Londra, Parigi, Zurigo, Zagabria, Fiume, non siete andati a London, Paris, Zürich, Zagreb, Rijeka.

Torniamo all’aeroporto. Dunque, Ucraina, ma non Russia. Vengono più ucraini che russi? Gli abruzzesi preferiscono andare in Ucraina piuttosto che in Russia? Probabili entrambe le cose. Soprattutto, perché con l’Ucraina c’è il volo diretto. Le badanti sono soprattutto ucraine? Beh, non vedo frotte di badanti ucraine d’alto bordo solcare i cieli abruzzesi.

I giornali italiani hanno pubblicato un rapporto della svizzera UBS sul costo della vita nei vari Paesi del mondo. Tra le città citate dai giornali, per ovvie ragioni, Roma e Milano, le varie città UE, e poi un po’ di città sparate a casaccio. Gli USA, e anche questo è logico, ma anche Tokyo, Johannesburg, Bogotà, Kuala Lumpur, Manila. E, indovinate? Kiev. Niente Mosca e San Pietroburgo.

Parliamo allora di cifre. In Italia, sono residenti 130 mila ucraini. In Ucraina, risiedono 322 italiani (258 famiglie). In Russia, ne risiedono 1.441 (1.018 famiglie). In compenso, l’Italia esporta 10 ed importa 16 milioni di € dalla Russia. I dati ucraini sono talmente irrisori da non essere presi in considerazione nemmeno dall’ISTAT.

Sia ben chiaro, il mio non è un problema di lesa maestà, di simpatie russe ed antipatie ucraine. Però dalle cifre che ho riportato appare ben evidente cosa sia importante per l’Italia e cosa no. E non è questione di gas.

Ogni tanto, i soliti dilettanti che i giornali italiani inviano a Mosca con la qualifica altisonante di corrispondenti, tirano fuori la solita balla di Mosca città più cara del mondo. Quale occasione migliore, questa del rapporto UBS, per far capire qualcosa al lettore italiano? Macché.

Capita anche a me, talvolta, di sentire italiani, sia stanziali che di passaggio a Mosca, lamentarsi rispettivamente dei 6.000 € di affitto mensile o dei 200 € a testa per cenare. Poi si scopre che parliamo di 120 mq sul Nuovo Arbat, che è come dire via del Corso a Roma o via Manzoni a Milano, e che la cena era nel corrispettivo del Savini… I russi “normali” mangiano a più non posso in trattoria a 30 €, magari anche pasteggiando a vodka, e vivono prevalentemente in bilocali di epoca sovietica da 50 mq, di cui sono quasi tutti proprietari. Personalmente, vivo nelle medesime condizioni, pagando 700 € di affitto.

lunedì 17 agosto 2009

Socialismo digitale

E’ da almeno un lustro che mi occupo periodicamente delle trasmissioni televisive italiane via satellite, principalmente in chiave emigrazione. In particolare, la nota dolente riguarda i criteri con cui vengono criptate talune trasmissioni piuttosto che altre, ed il criptaggio in quanto tale. Esso viene attuato sia dalle reti pubbliche (RAI) che da quelle private nazionali (Mediaset e La 7). I criteri, appunto, restano misteriosi e contraddittori, in nome di dichiarati e non meglio identificati “diritti di trasmissione all’estero”.

Da anni, la Corte Europea di Giustizia, interpellata in merito, ha precisato che non esiste in tal senso vincolo alcuno. Infatti, in Europa, sia nell’Unione Europea che fuori da essa, non esiste alcuna televisione “in chiaro” che cripti alcunché: giusto per fare degli esempi, RTR Planeta (pubblica) e ORT (privata) russe, ma anche ZDF (tedesca), TV5 (francese), ARTE (franco-tedesca), PTP (portoghese), TVE (spagnola), BBC (inglese) e molte altre che non seguo solo perché non ne comprendo la lingua.

E poi, i criteri. Vengono criptate le partite di calcio, ma non i giri ciclistici. Le competizioni sportive, ma non le trasmissioni sportive. Lo sport, ma non la pubblicità. Capita così che, in questo mondo globalizzato, la FIAT come la “Mario Rossi” SAS o SNC, la Roberts come la mozzarella campana, la Telecom come Viacal, Wind come Barilla, Rita Dalla Chiesa con i suoi divani come le centinaia di veline berlusconiane riciclate che hanno mancato il seggio parlamentare (Guzzanti padre parlò di “mignottocrazia”) con creme, pillole, lettini, lettoni, yogurt, cabale del lotto, telefoni zozzettoni, suonerie che pensi di comprarne una e ti ritrovi abbonato, insomma la vergognosa baraonda che pretende di mostrare le aspirazioni italiche, è sufficiente che paghi un passaggio pubblicitario su un canale nazionale piuttosto che sui canali locali interconnessi (tipo Odeon, per intenderci), per finire in casa di chiunque, sul pianeta Terra, abbia settato dei canali italiani per le più svariate ragioni. Ricordate le speranze degli albanesi, all’epoca di Enver Hoxha, che guardavano RAI 1 con una semplice antenna analogica?

Ma torniamo a quel che viene criptato. “L’ultima carrozzella”, con Aldo Fabrizi, ma non “Walker Texas Ranger” col santone Chuck Norris. Il “Maresciallo Rocca” con Gigi Proietti, ma non “JAG Avvocati in divisa”. La signora in giallo, ma non il tenente Colombo. E soprattutto, il primo tempo di, che so io, “La dolce vita”, ma non il secondo, oppure il secondo tempo di “C’eravamo tanto amati”, ma non il primo.

L’impressione è che sia tutto a discrezione del tecnico di turno, a seconda delle volte che va a prendersi un caffè. Per chi, come me, ha superato almeno i quarant’anni, tutto ciò ricorda l’epoca delle prime TV non RAI, tra cui quelle estere Telemontecarlo, la Svizzera Italiana, Antenne Deux e Capodistria. Solo che all’epoca criptavano esclusivamente la pubblicità. Il contrario di quanto accade oggi. E poi, all’epoca i danneggiati erano gli italiani in Patria, mentre oggi sono gli emigranti italiani nel mondo. Solo quelli iscritti all’AIRE (Albo Italiani Residenti all’Estero, presso ogni Consolato d’Italia nel mondo) sono quasi quattro milioni, per non parlare del formidabile veicolo immediato di diffusione della lingua e della cultura italiana (di cultura, invero, ce n’è sempre meno, ma non è questo il punto) che è la televisione tout court.

Su questi temi, a suo tempo lanciai una petizione in rete, replicata successivamente in Facebook. Il risultato è deprimente: rispettivamente, 169 e 329 firme, a conferma che, finché un problema non tocca in prima persona, è inutile confidare in una parvenza di solidarietà. Ne scrissi anche a tutti i deputati e senatori eletti nei collegi esteri della presente e della precedente legislatura, e agli eurodeputati italiani, sempre delle ultime due legislature. Muro di gomma: l’unica deputata ad avere aderito è durata appena due anni (2006-2008), era di Forza Italia. Nessun altro suo compagno di Partito, né di AN, Lega Nord, UDC, PD, IDV, Verdi e sinistra ora extraparlamentare ha usato la cortesia almeno di declinare l’invito, ad eccezione di un radicale, che ha, appunto, declinato.

Nel frattempo, in Europa abbiamo anche perso del tutto La 7, che, di punto in bianco, senza preavviso né spiegazione, ha deciso di criptare le trasmissioni in chiaro per l’Eurasia, trasmettendo invece gratuitamente verso gli USA. Eppure, ci sono circa 1,5 milioni di italiani nel continente americano (la stragrande maggioranza in America Latina) e più di due milioni in Europa. Serve dirlo? Ho chiesto lumi a La 7 e ovviamente la risposta è caduta nel vento.

Torno ora a parlarne perché il problema sta per coinvolgere gli italiani in Italia: hai visto mai che ora capiranno la nostra condizione all’estero?

Ricapitoliamo. Negli ultimi anni, cinque milioni di famiglie si sono fatte tentare dal pacchetto a pagamento Sky, appartenente allo “squalo australiano” Murdoch (lo chiamano così i suoi fautori, non c’è quindi alcun intento offensivo da parte mia). Giova ricordare che, tra l’altro, sua è buona parte delle testate giornalistiche estere che, a differenza di quanto accade in Italia, non hanno taciuto in merito alle orge (nel senso letterale del termine) di Palazzo, sarde e romane, pagate dai contribuenti.

Oltre l’abbonamento, è necessario acquistare un decoder. In questo modo, era finora possibile guardare gratuitamente i tre canali RAI, i tre Mediaset e La 7, fatto non trascurabile per quelle zone italiane, e non sono poche, che hanno difficoltà ataviche di ricezione analogica, dovute a territori montuosi ed impervi. E questa era la prima fase.

Seconda fase. RAI, Mediaset, La 7 e tutte le TV locali stanno gradualmente passando al cosiddetto “digitale terrestre”. Tanto per cambiare, occorre acquistare un decoder. Diverso da quello di Sky: non sono compatibili. Finora, ciò riguarda solo RAI 2 e Rete 4, e solo in alcune regioni, ma è questione di mesi, addirittura di settimane.

Terza fase. Il 30 luglio 2009 sono spariti da Sky i canali RAI Sat: Yoyo e Smash Girls (per l’infanzia), Premium (il meglio della RAI), RAI Cinema, il Gambero Rosso (cucina), RAI Extra. Il motivo? E’ scaduto il contratto RAI – Sky. Quest’ultima offriva 370 milioni di euro spalmati su sette anni, la RAI ha rifiutato. RAI 1, 2 e 3, e i tre di Mediaset, restano visibili, senza aggravi per Sky o i suoi abbonati, perché è ancora in vigore (scadrà il 31 dicembre 2009) l’accordo tra la TV pubblica e il Ministero delle Telecomunicazioni, che impegna la RAI a trasmettere su tutte le piattaforme, compresa quella satellitare.

Fase quattro. Murdoch (che personalmente e ovviamente non mi è simpatico) ha attaccato il gestore delle reti pubbliche, capo del governo, nonché proprietario delle maggiori reti private? L’onta verrà lavata, sempre a spese del cittadino. Prima con l’aumento dell’IVA al 20%, poi ci si inventa un’altra Sky. Si chiama Tivusat. Appartiene a RAI, Mediaset e Telecom (editore, tra l’altro, de La 7 e MTV). Altro decoder, ça va sans dire, incompatibile con Sky e digitale terrestre. Quando dico “incompatibile” voglio dire, tra l’altro (ma non solo), che col decoder Sky inserito non si possono attaccare al televisore i decoder Tivusat e/o digitale terrestre, per non parlare del costo di due decoder (o di un televisore di nuova generazione e di un decoder) e di due abbonamenti. Come che sia, ecco aggirato il vincolo imposto dal Ministero delle Telecomunicazioni. Contestualmente, verranno criptati tutti i film distribuiti dalla maggiore casa italiana, la Medusa. By the way, a chi appartiene? Lo sapete: al fratello del proprietario de”Il Giornale”.

Torniamo a oggi. Senza preavviso, agosto ha segnato due autogol, nel senso di due partite di calcio criptate: Italia – Svizzera under 21 e Inter – Lazio. Personalmente, sono da sempre indifferente al pallone, ritengo che il calcio sia quello delle ossa ed il tifo sia una malattia endemica. Questo però immagino che interessi poche persone. Molte di più, invece, dovrebbero porsi la domanda del chi decida. Ecco che torniamo al trattamento finora riservato agli emigranti e, a ritroso, agli anni ’70 di Telemontecarlo, Svizzera e Capodistria. Certo, le partite sono state trasmesse su Tivusat. Come detto, altro ennesimo decoder, per altro finora introvabile,alla modica cifra di euro cento. Però così RAI e Mediaset si vedranno anche dove è impotente il digitale terrestre. Ma come? Non avevano detto che il digitale terrestre era la panacea delle zone difficoltose per l’analogico?

Qui, prima o poi, scatterà la fase cinque: anche la RAI solo a pagamento, niente più servizio pubblico. Pensa che siano miei vaneggiamenti? Considerate cosa avreste detto quattro anni fa se vi avessi detto che non avreste più visto RAI 2 e Rete 4 senza un decoder, Tivusat, Sky o terrestre che fosse.

E in Europa? Per ora, vediamo in chiaro, pur con tutti i criptaggi vessatori possibili e immaginabili, RAI 1, 2, 3 e i tre di Mediaset (della politica filo USA de La 7 e perciò di Telecom Italia abbiamo già detto). Quel che accadrà di qui alla fine dell’anno è una pagina ignominiosa di storia che dovremo ancora scrivere.

Una breve nota di colore a chiosa va spesa ricordando che Putin, capo del governo russo, a differenza del suo omologo italiano, non è preoccupato da presunti lettoni che gli vengono ascritti dai pennivendoli della penisola mediterranea. Preferisce pensare alla diffusione della televisione digitale, che è già una realtà nel 10% del territorio russo (stiamo parlando di un Paese con undici fusi orari). Diffusione, attenzione… gratuita. Forse non è chiaro: gratuita, repetita juvant. Sia via satellite che via cavo (che sarebbe il “digitale terrestre”: in Italia amano sempre complicare le cose). Il processo di digitalizzazione dovrebbe concludersi entro il 2015. Un processo “graduale, naturale, impercettibile e non oneroso per il consumatore”, ha detto Putin il 30 giugno 2009. “Finché il 95% della popolazione non avrà ricevuto i decoder e non avremo assicurato loro un segnale digitale stabile, proseguiremo anche con le trasmissioni analogiche”. Forse è sfuggito il concetto: i decoder dovranno essere “ricevuti”. Gratuitamente.

Quando leggo quel che scrivono i vari Dragosei (Corriere della Sera), Coen (Repubblica), Canciani e Cassieri (RAI) della Russia, sembra di leggere di una Russia da mondo parallelo, tipo Star Gate. Ebbene, essi ritengono di trovarsi nel Paese del socialismo reale, vedendone solo gli aspetti negativi. Socialismo reale decisamente no, i Coen e i Dragosei sono arrivati con quasi vent’anni di ritardo, ma indubbiamente questi sono elementi reali di socialismo. Che, personalmente, mi sento di condividere.

lunedì 10 agosto 2009

Furbetti della Pubblica Amministrazione

Immagino che tutti siamo soddisfatti, nell’apprendere che il sostituto procuratore di Potenza, John Woodcock, ha incriminato cinque dipendenti della Regione Basilicata di stanza a Roma per truffa e peculato.

In brevis, i carabinieri hanno pedinato e fotografato i cinque dal barbiere, mentre compravano pesce al mercato, durante lo shopping in un negozio di calzature. Tutto in orario d'ufficio, grazie alla timbratura dei cartellini magnetici «cui provvedeva il complice che a turno veniva investito dell'incombenza». E questa è la truffa: i contribuenti lucani, giova ricordarlo, sono i loro datori di lavoro, e gli pagano lo stipendio, loro malgrado, per andarsene a zonzo.

Poi c’è l'uso indebito delle utenze telefoniche dell'ufficio, che sarebbero state utilizzate «in modo assolutamente sistematico, ripetuto e continuativo, per chiamate personali e private pari ad oltre l'88% del complessivo ammontare delle bollette pagate dalla Regione Basilicata», che anche in questo caso è parte offesa. Insomma, scrivono gli investigatori, tutto «come in una sorta di phone center gratuito», aperto anche ad amici e parenti. E perfino all'addetto delle pulizie, la cui moglie avrebbe fatto «lunghe e costose» telefonate ai suoi in Sudamerica. In alcuni casi venivano fatte telefonate «mute» ai cellulari dei familiari, o al proprio, al solo scopo di ricaricare il credito telefonico. E questo è il peculato, per il quale vale quanto già espresso per la truffa.

Tutto bene, tutto sacrosanto. Ricordo però che la stessa cosa venne fatta da Andropov, ambasciatore sovietico nel 1954-1957 a Budapest e capo del KGB nel 1967-1982, quando, nel 1982-1984 (anno della sua morte), fu segretario del PCUS e perciò capo dello Stato. E qui, chissà perché, gli italiani di destra e di sinistra, e ovviamente i sovietici prima e i russi poi, non erano d’accordo.

Dunque, farlo in URSS o in Russia è antidemocratico, mentre farlo in Italia è segno di giustizia efficiente. Eppure, in Russia è ancor più giustificato, visto che è possibile fare la spesa a qualunque ora di qualunque giorno, a differenza di quanto accade in Italia, perché sono i negozi che debbono adattarsi alle esigenze dei consumatori, e non viceversa.

Va bene, mi si potrebbe obiettare, ma in URSS in quel periodo capitava di non trovare quanto occorreva, dai generi alimentari all’abbigliamento. La maggior parte delle retate in orario d’ufficio, tuttavia, venivano compiute… nei cinema. Un bene di consumo primario?

Insomma, sposo in pieno l’iniziativa di Woodcock. Vorrei solo sentire un minimo di autocritica italiana, che invece temo non sentirò mai.

lunedì 13 luglio 2009

Auto Exotica 2009 10-19 luglio @ Aerodromo Tušino

Domenica sono stato con un amico a visitare l'esposizione Auto Exotica, che ha aperto i battenti lo scorso venerdì presso l'aerodromo di Tušino (Volokolamskoe Šosse, m. Tušinskaja) e che si protrarrà fino a domenica 19 luglio.

Il "parco macchine" esposto vanta numerosi esemplari di produzione sovietica e di importazione, per lo più raggruppati in diverse piazzole a seconda della casa produttrice.

Potete trovare alcuni degli esemplari degni di nota nelle foto che ho scattato. La mia preferita è senza dubbio la stupenda Chevrolet Impala rossa.

Fin troppo cospicua la porzione di auto contemporanee (più di due terzi del totale, ad occhio), il cui unico elemento di attinenza al tema della fiera è una qualsiasi modifica alla carrozzeria o al motore (il cosiddetto "tuning").

Sono presenti anche pick-up, camper e fuoristrada.

Oggi tra l'altro era la giornata dedicata alle motociclette, per cui un gran numero di pittoreschi bikers si è raggruppato attorno a una delle piste dell'autodromo per esibire i propri mezzi, sfidarsi in gare di velocità e provare alcuni modelli di Harley Davidson (nel giro di pochi secondi dall'annuncio di tale possibilità si è subito formata una lunga coda di appassionati desiderosi di provare la famosa due ruote).

In vari punti dell'aerodromo sono stati installati diversi palchi, su cui gruppi musicali si alternano ad avvenenti ragazze in bikini che ballano al ritmo di musica techno. Periodicamente vengono annunciati seminari a tema e presentazioni dei vari racing club che partecipano all'evento. Il sito dell'organizzazione riporta anche momenti ludici quali la discoteca serale, i giochi a premi e gli striptease, e in verità le belle ragazze, come del resto è tradizione a simili raduni, non mancano affatto.

Complice la bella giornata domenicale, l'affluenza del pubblico è stata cospicua e costante, e i visitatori hanno via via riempito i prati dell'aerodromo.

L'impressione che ne abbiamo ricavato è quella di un evento piacevole e rilassato, in cui la passione per le belle auto e la cordialità tra i vari estimatori hanno la meglio sulla ricerca spasmodica dell'estetica e della performance.

Tutti sembrano conoscersi e il clima cordiale, accompagnato da šašlyki e birra, rende tutto molto amichevole.

L'ingresso costa 600 rubli. A qualcuno potrà anche interessare che un'edizione regionale si terrà all'aerodromo di Levcovo, nella città di Jaroslavl', dal 7 al 9 agosto.

lunedì 6 luglio 2009

Conferenza stampa Medvedev-Obama

Me la sto seguendo in diretta. Parlo da addetto ai lavori. Su Vesti 24 e RTR Planeta in russo, su France 24 in francese, su Canal 24 Horas in spagnolo, su BBC World in inglese. Tutto bene. Solo su RAI News 24, quando parla Medvedev, sembra di sentire il pugile di Rocky IV. Cristo, ma in Italia non c'è rimasto un solo interprete di simultanea russo-italiano degno di questo nome?! Personalmente, ne conosco almeno un paio, e sicuramente ce ne sono altri...

mercoledì 27 maggio 2009

Elettorando

Purtroppo, si vede poco. Mi è arrivata oggi. Spedita il 16 maggio. Complimenti per la tempestività di arrivo, delle Poste (di entrambi i Paesi), e soprattutto di spedizione del Comune di Milano (ai miei conterranei residenti come me a Mosca provenienti da Genova, per dire, è arrivata da settimane).

Quello che è importante, è quel che ci propongono. Per le elezioni nazionali, a noi, italiani residenti all'estero, ci fanno votare per corrispondenza. Per le Europee e Comunali (e Provinciali e Regionali), a noi, italiani residenti in Paesi extra-UE, ci chiedono di rientrare in Patria.

Guardate bene il riquadro in basso a sinistra: con agevolazioni sul prezzo del biglietto... ferroviario.

Il biglietto aereo andata e ritorno da Mosca costa circa 300 €, quello ferroviario non saprei, ma ne costerà altrettanti e ci mette tre giorni (l'aereo tre ore). Se poi vuoi partecipare all'eventuale ballottaggio, tanto vale che resti lì per le successive due settimane. Aggiungiamo due settimane di albergo (se uno è emigrato, è emigrato per fame, difficilmente ha conservato un'abitazione nel suo luogo di origine, e non parliamo di quelli che sono emigrati in altri continenti). Togliamo anche un mese di stipendio, per chi lavora fisso (ma anche per chi, come me, è lavoratore autonomo). A spanne, stiamo parlando complessivamente di almeno 5.000 (cinquemila) euro.

Non veniteci a dire che bisogna togliere il voto agli italiani all'estero, che tanto non vengono a votare ed il voto ce l'ha dato il fascista Tremaglia: avete un debito con noi, e state cercando infinite scuse per mettervi a posto la vostra sporca coscienza.