giovedì 8 ottobre 2009

De visa facilitate

Ci è stato segnalato che tra gli italiani in Russia stia girando un appello non firmato rivolto a questi ultimi. Lo pubblichiamo volentieri, solo come materiale di riflessione, evitando accuratamente di dare giudizi in merito. Essendovi chiamato in causa il Presidente del GIM-Unimpresa, Vittorio Torrembini, abbiamo ritenuto doveroso e professionale chiedere una sua opinione in merito, prima della pubblicazione. Dunque, ecco il testo in questione e, di seguito, la replica di Torrembini.

Nel 2006, Franco Frattini nel ruolo di vicepresidente della Commissione Europea, si rivolse ai russi dicendo loro: “Voi dovete snellirvi, modernizzarvi, scrollarvi di dosso la polvere, dare un taglio al retaggio dell’apparato sovietico! Prendete ad esempio l’Europa, una macchia snella ed efficiente!”, tutte parole pronunciate senza assolutamente sapere che il sistema per ottenere i visti d’ingresso per la Russia era estremamente più efficiente e snello rispetto a quello adottato dall’Unione Europea.

A questo punto, i russi risposero: “Va bene! Visto che voi siete così avanti, diteci cosa dobbiamo fare! Facciamo un accordo bilaterale in modo da snellire e facilitare i visti d’ingresso! Preparate voi il testo, e noi lo firmiamo così com’è, andiamo sulla fiducia, dopotutto siete voi i rimodernatori, no?”.

Frattini, chiaramente, fece tutto ciò in buona fede, imbeccando i russi in un accordo che a lui stesso fu imbeccato dagli unici che teoricamente potevano aver competenza ed esperienza nel settore, perché la problematica dei visti pesava sulla propria pelle: parliamo degli imprenditori delle grosse aziende italiane, quelle aziende che muovono milioni di euro ma che purtroppo vedono ai propri vertici dei benemeriti pellegrini giunti in Russia comportandosi esattamente come il classico “italico” che viaggia con in valigia il formaggio grana, la bottiglia di vino e i collant da omaggiare alle ragazze, e per di più, in ogni occasione buona, ne approfitta per manifestare il proprio disappunto sull’apparato burocratico russo, senza tuttavia avere nessuna cognizione in materia, trattandosi questi di puri atti di superbia.

Approvato l’accordo dal nome ironico “sulla facilitazione dei visti”, che di fatto ha inguaiato la quasi totalità degli italiani, che fino ad allora vivevano in Russia tranquillamente e legalmente, con visti e registrazioni annuali valevoli 365 giorni, ecco che coloro che hanno combinato il patatrac (le associazioni di “pellegrini” con il formaggio grana in valigia) cercano ora di porvi rimedio tentando di mettersi in salvo da un lato e dall’altro cercando pure di salvarsi la faccia, asserendo spudoratamente che l’accordo sulla facilitazione dei visti da loro imbeccato ai russi, andava fatto perché migliora sostanzialmente le cose rispetto a prima! Emblematica a tal proposito è la lettera inviata al presidente della federazione russa da parte del GIM-Unimpresa, nella quale si presentano con il cappello in mano, prostrandosi e supplicando un trattamento migliore e quote immigratorie divise per nazionalità: ma quando hanno proposto un differente regime dei visti non hanno pensato alle conseguenze? Poi, a dire il vero, per i dipendenti italiani del quadro direttivo e gli addetti nei quadri tecnici, indipendentemente dall’adozione del nuovo regime dei visti, non cambia assolutamente nulla, dato che loro anche prima, volendo fare le cose in regola, dovevano sottoporsi a tutta la parte burocratica volta a regolare la propria permanenza in Russia in qualità di lavoratori, semmai il nuovo regime dei visti va ad infierire sugli altri poveri connazionali con situazioni differenti e che ora non hanno più modo di permanere in Russia in maniera continuativa: parliamo anche di categorie importanti, come possono essere per esempio i proprietari di aziende, i titolari di negozi, i proprietari terrieri e chiunque in Russia comunque abbia rendite dichiarate e regolari provenienti dai propri possedimenti pur non lavorando in nessun modo sia nei quadri dirigenti o in altre mansioni (avere rendite in Russia non da titolo nemmeno ai fini d’ottenere un visto turistico). In poche parole, il benestante investitore che gira con la camicia di seta e che fino al 2006 poteva permanere in Russia sulla base di visti per affari, in Russia non può più risiedervi perentoriamente, se non con soluzioni fittizie, come potrebbe essere quella di farsi passare per un lavoratore, soluzione che comunque non è adottabile per chi intende agire onestamente, senza quindi passare per l’agenzia con le mani in pasta sempre pronta a fare carte false pur di raggiungere lo scopo. I dirigenti delle aziende, imbeccando i russi sulle direttive in materia dei visti, non solo non hanno ottenuto alcun beneficio, ma hanno anche inguaiato i proprietari delle aziende e investitori che fino a prima erano legittimati a risiedere in Russia con visti per affari, un visto che veniva concesso illimitatamente a tutti coloro che intendevano valutare opportunità ed eventuali investimenti senza svolgere un lavoro: Combinato il patatrac, i signori “pellegrini” ora cercano di salvarsi la pellaccia senza pensare agli altri e non ammettendo assolutamente d’aver inguaiato non solo i connazionali, ma anche gli altri cittadini dell’Unione Europea, che stanno sulla stessa barca, ma il negare spudoratamente ciò che hanno combinato, non eviterà loro di salvarsi da linciaggio morale! Per colpa di questi signori, tra i cittadini dell’Unione Europea ora si contano innumerevoli soggetti costretti ad abbandonare il Paese, pur avendo vissuto in Russia per anni regolarmente, senza che quindi fosse mai contestata loro alcuna infrazione, e i responsabili di tutto ciò si nascondono camuffando le cose, asserendo quindi che la situazione di prima non era affatto regolare! Che pena, vedere ora questi “pellegrini” prostrarsi per chiedere cose che a loro non verranno mai concesse perché in primis la Russia non può concedere quote migratorie suddivise per nazionalità in quanto il paragrafo 2 dell’articolo 19 della Costituzione russa sancisce l’uguaglianza della persona anche per nazionalità, il che significa che tutti gli stranieri debbono per forza di cose finire in un unico “calderone”, dentro il quale tutti sono trattati allo stesso modo, un “calderone” nel quale la cittadinanza non c’entra nulla al fine di rientrare nelle quote, ma a spuntarla sarà il singolo individuo che ha più diritto degli altri sulla base dei criteri adottati, la creazione di più calderoni divisi per nazionalità come invece vorrebbero i signori “pellegrini” che stanno tentando di mettersi in salvo a pasticcio fatto, benché sarebbe una soluzione che metterebbe italiani e russi in condizioni di reciprocità, è semplicemente non adottabile dal punto di vista costituzionale. La lobby delle multinazionali italiane in Russia che si sono permesse di suggerire ai russi provvedimenti inopportuni in materia dei visti, è di fatto formata da impiegati nelle alte sfere direttive in trasferta estera, in pratica parliamo di lavoratori, e in qualità di salariati avrebbero fatto bene a non impicciarsi affatto in questioni che non riguardano loro, dato che la materia de visti annuali per affari e commercio, interessa gli investitori che non lavorano. Il fatto che la quasi totalità di questi lavoratori, per regolare la propria permanenza in Russia, abbia utilizzato l’escamotage dei visti annuali anziché regolare la propria posizione in qualità di salariati, non dovrebbe dare ora loro il diritto d’asserire impudentemente (per salvarsi la faccia), che la situazione dei visti annuali senza il limite dei 90 giorni su 180, non era “regolare”: se non lo era, non lo era per loro, che, in qualità di lavoratori, già allora avrebbero dovuto inquadrarsi diversamente, quindi sottostando alle quote, alle visite sanitarie e a tutto il resto!

Non per ultimo, occorre precisare che una volta che gli investitori italiani hanno aperto le loro aziende e le loro filiali, ai russi fa maggiormente comodo che nei quadri direttivi e tecnici venga messo del personale russo, anziché “pellegrini” in giacca e cravatta che nel XXI secolo se ne girano ancora con i collant e i profumini da omaggiare alle ragazze.

Per concludere, ogni qualvolta che i russi hanno cambiato qualche cosa su suggerimento dei signori della UE, le cose anziché migliorare sono sempre peggiorate catastroficamente; la nostra paura è che anche questa volta sarà così, o che comunque la lobby dei dirigenti delle grosse imprese, tenterà di mettere in salvo esclusivamente se stessa, infischiandosene di tutti gli altri, che sono stati rovinati per colpa loro e che tuttora sperano utopicamente che le cose ritornino a come erano prima degli accordi del 2006, quando si poteva ottenere un visto annuale d’urgenza in meno di mezz’ora e soprattutto con validità non limitata a 90 giorni su 180.

Ed ecco la risposta del Presidente di GIM-Unimpresa, Vittorio Torrembini:

Io non credo di rappresentare la categoria dei furbetti con i jeans e le calze collant nella valigia. Mi pare sia una categoria già scomparsa da molti anni, ma che evidentemente chi ha scritto questo documento conosce bene.

Consiglierei a quest’ultimo di leggersi bene le norme che regolano la materia, in quanto la nuova normativa sullo stato giuridico degli stranieri in Russia non è il frutto di un accordo con l’Unione Europea (vedasi visite del Commissario Frattini a Mosca), bensì di una serie di nuove leggi, adottate dal Parlamento russo, tese a mettere sotto controllo l’immigrazione clandestina.

La legislazione di cui sopra è addirittura più restrittiva di quella Schengen, ma non raggiunge gli eccessi di quella recentemente adottata in Italia.

Un cittadino non comunitario non può soggiornare in territorio Schengen più di 180 giorni all’anno, per poter prolungare il proprio soggiorno deve disporre di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro (sia subordinato che autonomo), di studio, di riunificazione familiare, e in pochi altri e molto ben ristretti casi. Nel caso di lavoratori sia autonomi che subordinati, il cittadino russo viene considerato extra quota. Occorre inoltre aggiungere che il rilascio dei permessi di soggiorno nei Paesi Schengen avviene per periodi anche superiori ai tre anni.

La Russia ha adottato da ormai quattro anni una normativa molto simile a quella europea (secondo il principio della reciprocità), che però esclude permessi di lavoro poliennali e che ingloba chiunque nelle quote.

L’Associazione che rappresento ha chiesto semplicemente di adeguare le normative russe a quelle europee. Vorrei inoltre chiarire all’autore che le aziende rappresentate nel GIM-Unimpresa sono soprattutto piccole e medie, e rappresentano circa l’85% dell’interscambio tra Italia e Russia.

Attendiamo fiduciosi i commenti degli altri italiani di Russia…

2 commenti:

  1. ma il vostro blog non permette il trackback o il pingback? di questo articolo ho letto l'originale su un forum di russia: vistirussia.com e in un sito di notizie c'è un analisi sul "caso" frattini: massmediumblog.com

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  2. 1)Il blog permette tutto (nella fattispecie, vedi sulla destra in basso la sezione "Iscriviti a Italiani di Russia"). Non permette i commenti anonimi, ad evitare spam, phishing et similia.

    2) Di questo articolo non puoi aver letto alcun originale altrove, giacché l'ho scritto di mio pugno.

    3)Sconsiglio vivamente di rivolgersi a siti tipo vistirussia.com e massmediumblog.com: commerciali e fondamentalisti qui non sono beneaccetti.

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