Da un articolo del 9 gennaio 2012 di Fabrizio Dragosei, corrispondente da Mosca del Corriere della Sera, apprendo con stupore che In Russia sono in corso i preparativi per il capodanno ortodosso, che quest'anno cade il 14 gennaio, quindi le festività sono ancora in pieno svolgimento.
Intanto, le festività sono terminate l’8 gennaio, il 9 è stata la prima giornata lavorativa dell’anno, il cosiddetto “Vecchio anno nuovo” lo celebrano in pochi (io tra questi), giusto per approfittare di un’occasione in più per fare bisboccia, ma non è una giornata festiva. Giova ricordare che in Russia attualmente ci sono dodici giorni festivi nel corso dell’anno, uguale a quanti ce ne sono in Italia.
Ma l’affermazione più interessante è quella per la quale il capodanno ortodosso quest’anno cade il 14 gennaio. Cercherò di essere il più stringato e semplice possibile.
Il tempo di rivoluzione della Terra attorno al Sole e quello della Terra attorno a se stessa sono due grandezze incommensurabili, un po’ come il lato di un quadrato e la sua diagonale. Infatti, prendendo per numero razionale la rivoluzione della Terra attorno a se stessa, e cioè un giorno di ventiquattro ore, ci vogliono 365,2421897 giorni per fare il giro intorno al Sole. Non mi soffermo su alcune differenziazioni tra l’anno siderale, quello tropicale, eclittico, anomalo, gaussiano, besseliano e chissà quanti altri: ciò esula dal presente contesto.
Il calendario giuliano (da Giulio Cesare, pur essendo stato inventato dall’astronomo greco Sosigene di Alessandria), che viene tuttora seguito dalla chiesa ortodossa russa, prevede l’aggiunta del 29 febbraio ogni quattro anni (l’anno bisestile). A Roma fu in uso dal 46 a.C. al 1582.
E’ intuitivo il fatto che, ogni quattro anni, ci scostiamo di 0,0312412 giorni. Dunque, da un rapido e semplice calcolo, dopo 128 anni ci siamo scostati di circa un giorno dalla realtà. In 1628 anni, fanno 12,7151684 giorni.
In un mondo dove i marinai si basavano sulle stelle e i contadini sulle stagioni per la semina e il raccolto, la questione non era per nulla un mero esercizio mentale per matematici forbiti. Per cercare di ovviare al problema, l’astronomo crotonese Luigi Lilio propose al Papa Gregorio XIII quello che passerà alla storia come calendario gregoriano, che è quello che tuttora usiamo. La differenza col calendario giuliano consiste solo nel fatto che non tutti gli anni divisibili per quattro sono bisestili: per la precisione, non lo sono gli anni di fine secolo se il numero di secoli non è divisibile per quattro.
In altre parole, l’anno gregoriano dura 365,2425 giorni, per scostarsi di un giorno, anziché 128 anni, ce ne vogliono ben 3.300.
Ci stiamo avvicinando al nocciolo, coraggio. Dunque, il calendario gregoriano ha permesso di rallentare notevolmente lo scostamento. Non ha risolto, però, il problema di come recuperare le giornate perse in sedici secoli. Fu così che, con bolla papale, il giorno successivo al 4 ottobre 1582 fu il 15 ottobre. L’anno successivo, il Concilio di Costantinopoli respinse la proposta di Gregorio XIII. Fu così che tra i due calendari – e quindi tra le chiese cristiane d’oriente e d’occidente – si stabilì una differenza di dieci giorni. Nel 1700 la differenza diventò di undici, nel 1800 di dodici e nel 1900 di tredici giorni. Nel 1600 e nel 2000 non è successo nulla, proprio perché 16 e 20 sono divisibili per 4. Dal 2100 la differenza salirà a quattordici giorni.
Da qui, la Rivoluzione d’Ottobre ha avuto luogo la notte fra il 7 e l’8 novembre, Natale è la notte fra il 6 e il 7 gennaio, l’Epifania è il 19 gennaio, e il cosiddetto “Vecchio anno nuovo” la notte fra il 13 e il 14 gennaio.
La Prussia è passata al calendario gregoriano nel 1610; i protestanti tedeschi nel 1700; l’Inghilterra nel 1752; il Giappone nel 1873; la Cina nel 1911; la Grecia nel 1924.
Per decreto del Sovnarkom (il Consiglio dei Commissari del Popolo) del 26 gennaio 1918, il giorno successivo al 31 gennaio fu il 14 febbraio. E’ stato uno dei primi decreti della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa, assieme a quelli sul voto alle donne (governo provvisorio, 15 aprile 1917) e sulla riforma dell’alfabeto (da 43 a 33 lettere, 23 dicembre 1917). Dal 1923 la maggior parte delle chiese ortodosse adottò il cosiddetto calendario neogiuliano, che coinciderà con quello gregoriano fino al 2800, ad eccezione delle chiese russa, di Gerusalemme, georgiana, serba e del monte Athos, che seguono tuttora il calendario giuliano.
Tutto questo per dire che, in effetti, Fabrizio Dragosei ha ragioni da vendere – un po’ come un orologio rotto, che due volte al giorno indica l’ora giusta – quando afferma che quest’anno il “Vecchio anno nuovo” cade il 14 gennaio. Anche i precedenti 112 anni, ed anche i prossimi 88, ma questo, per un fine conoscitore della Russia, quale Dragosei afferma di essere, è del tutto irrilevante.